PSICOLIGIA
Lavorare sempre
avendo le idee chiare sul lavoro da effettuare (programmare in anticipo)non
fare mai le cose in modo approssimativo
ma sempre finalizzate ad uno scopo,i giocatori si danno conto della tua
insicurezza.Parlare sempre a voce alta e chiara spiegando quello che vuoi.Il lavoro che vai a fare
potrai spiegarlo a grandi linee e vedere se capiscono rápidamente o se devi essere tu a indicargli
cosa fare quindi stiamo parlando di lavoro
COGNITIVO acción y
resultado de conocer a través de las facultades intelectuales. o
INDUTTIVO método
inductivo.Devi saper costruire il gruppo identificare il leader
del grupo
I gruppo solitamente
e’ formato da piccoli gruppi con
un leader a capo per ogni piccolo
gruppo (questi gruppi) si chiamano sottogruppi (subgrupos)e tuo compito eliminare i sottogruppi e formare un gruppo
solo con un leader solo
Solitamente nello
spogliatoio e facile identificare il capo del gruppo (leader) che dovrai portarlo dalla tua parte a seguire tutto
quello che fai ,automaticamente gli altri
si metteranno a tua disposizione seguendo il leader.Quando sara il
Giorno della partita tu avrai gia dato le disposizioni dei vari compiti in
campo delle varie sostituzioni che potresti fare ma
Senza essere preciso nei nomi a fine partita e consigliabile non parlare di
come e stata rimandare il tutto al primo
Giorno di allenamento dove dirai quello
che non ti e piaciuto ma anche quello che ti e piaciuto non essere mai solo
negativo fai analizzare anche a loro la partita fatta, dove esprimeranno la
loro opinione
La psicologia nella scuola calcio
CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE
Il pensiero dei bambini di questa età ha bisogno di
molti riferimenti concreti. Dunque capiranno meglio una dimostrazione pratica
che una spiegazione. Fino a 6 anni dal punto di vista cognitivo e sociale il
bambino/a è egocentrico, cioè è centrato si di se, considera la realtà
esclusivamente dal proprio punto di vista e non tiene conto di quelle altrui,
perché ancora non lo sa fare ( non per cattiva volontà ). Sente molto forte il
desiderio di appagare i propri bisogni. L'egocentrismo si riflette anche
durante il gioco, quando il bambino invece di passare la palla ad un compagno
la tiene per se, oppure quando durante la partita di calcio, tutti i bambini rincorrono
sfrenatamente il pallone. A partire dai 6/7 anni inizia ad abbandonare il punto
di vista egocentrico, anche se impiegherà ancora molti anni prima di
raggiungere una socializzazione più matura. A quest'età i bambini partecipano
ai giochi in modo emotivo, cosa che li porta ad agire in maniera impulsiva e
non razionale. Manca in questo periodo la capacità di concentrarsi sulle
operazioni astratte e su quelle ipotetiche. Queste conquiste logiche
arriveranno dai 12 anni. I bambini/e hanno ancora bisogno di oggetti e di
eventi concreti per supportare i loro ragionamenti. Il fanciullo sa stare
attento e si concentra se il compito lo interessa e lo gratifica. A questa età
il bambino non riesce a comprendere le cause dei risultati delle azioni, per
cui non sa capire ad esempio, perché l'avversario nel gioco, ha vinto (gli
adulti invece lo spiegano con varie cause : bravura, fortuna, facilità del
compito, motivazione, ecc
Settore giovanile: pulcini, esordienti, giovanissimi, allievi.
Realizzare una rete informativa-formativa significa, sia
per i genitori che per i figli, facilitare l'individuazione di percorsi idonei
alla crescita psicofisica dell'individuo. Chi è chiamato in causa (insegnanti,
istruttori, pediatri, psicologi) ha perciò il delicato compito di intervenire
in modo consapevole assumendosi la completa responsabilità del proprio ruolo.
Diventa perciò importante per chi lavora a vario titolo con i bambini, con i
giovani e con le loro famiglie, migliorare continuamente la propria formazione
tecnica, didattica, psicologica e relazionale.
Pertanto ogni azione deve avere l'obiettivo di tendere a
facilitare e promuovere condizioni di benessere del giovane sostenendo al tempo
stesso le funzioni educative della famiglia.
Uno psicologo che viene chiamato per uno o più incontri
nella scuola calcio, settore giovanile o nella società sportiva o per una consulenza più
strutturata, deve porsi come primo obiettivo quello di comprendere
correttamente il contesto in cui si trova ad operare, così da favorire il pieno
sviluppo delle risorse umane messe a disposizione dalla società al giovane
atleta. Ciò può avvenire se il professionista tiene conto di alcuni aspetti
fondamentali nella relazione che va a realizzare nella scuola calcio, settore giovanile o nella
società sportiva.
La prima domanda da porsi è perciò: "Che tipo di
formazione deve avere lo psicologo?"
Una risposta individuata è che egli sia competente nel
facilitare le relazioni umane tra chi lavora nella società sportiva a vario
titolo (ad esempio, dirigente, accompagnatore, istruttore, medico) e chi ne
usufruisce (genitori, bambini, ragazzi) e nel favorire il collegamento con le
strutture esterne al territorio (A.S.L., Parrocchie, Associazioni culturali),
in particolare le scuole. Gli studi di Bateson ci hanno fornito un approccio
alla psicologia sociale secondo cui questa è "lo studio delle reazioni
degli individui alle reazioni di altri individui" aggiungendo che
"occorre considerare non soltanto le reazioni di A al comportamento di B
ma anche come queste reazioni influenzano il comportamento successivo di B e
l'effetto che tale comportamento ha su A" (Bateson, G. "Verso
un'ecologia della mente", Adelphi Milano, 1986).
A partire dagli studi di Bateson si è venuto sempre più
delineando un approccio definito ecosistemico, per l'intervento sui problemi
che coinvolgono gruppi sociali diversi tra loro, quali la famiglia, la scuola e
altri ancora. L'approccio ecosistemico, sviluppato da oltre trenta anni nella
pratica della terapia familiare e relazionale, si è rivelato adatto anche
all'applicazione d'interventi di consulenza e supporto non volti solo
all'intervento psicoterapeutico. Si parla oggi d'interventi sistemici in
contesti non terapeutici. Il concetto chiave che caratterizza un intervento
sistemico nell'organizzazione umana e che, oltre ai contenuti dell'intervento
stesso, esiste un livello riguardante l'osservazione delle qualità delle
relazioni che è di fondamentale importanza per il raggiungimento degli
obiettivi di cambiamento. Riferendoci al nostro progetto ciò significa che
ciascuno adulto, chiamato a svolgere un ruolo di educatore, deve sapere agire
in modo corretto, tenendo sempre conto che ciò che osserva e ciò su cui
interviene è in qualche misura il "prodotto" delle relazioni tra
insegnante-alunno, insegnante-genitore, istruttore-allievi,
istruttore-genitore, tra istruttore-istruttore ed in generale tra tutti i
sistemi coinvolti. Risulta importante quindi avere come riferimento teorico
quello della "pragmatica della comunicazione umana" (Watzlavick, P.
Astrolabio Roma,1971) che consente all'operatore di considerare l'importanza di
una lettura delle dinamiche delle relazionali, rispetto all'esperienza che sta
affrontando.
Dal punto di vista del linguaggio, per lo psicologo, non
si tratta quindi di impartire nozioni teoriche, quanto piuttosto di trasferire
concetti di base in modo semplice e fruibile, rendendosi disponibile a chiarire
gli eventuali dubbi che potrebbero sorgere durante il lavoro.
Lo psicologo deve perciò:
•sostenere i dirigenti nella gestione e organizzazione
delle attività della società;
•aiutare a migliorare il rapporto e la collaborazione
tra tecnici dello stesso staff, tra tecnico ed allievi/atleti, tra tecnico
e genitori;
•migliorare la comunicazione e il passaggio
dell'informazione per una corretta accoglienza dei bambini e dei genitori e una
funzionale collaborazione con lo staff tecnico;
•aiutare i tecnici a muoversi e focalizzare le
situazioni su cui lavorare;
•aumentare le capacità d'intervento sulle interazioni
specifiche sapendo leggerle attraverso l'analisi del contesto e della
circolarità della comunicazione per cogliere i significati dell'esperienza
quotidiana.
Da un punto di vista dei contenuti possiamo riassumere
il suo compito nei seguenti tre punti:
•Informare sull'età evolutiva e sulle dinamiche
relazionali di gruppo;
•Sostenere l'importanza della valenza educativa e del
divertimento;
•Sostenere l'importanza di dialogare con le famiglie e
di fornire loro informazioni complete.
Informare sull'età evolutiva e sulle dinamiche
relazionali di gruppo
Far conoscere nelle sue linee generali i percorsi della
crescita del bambino, che passa da una dipendenza totale dalle modalità
interattive della famiglia ad una progressiva necessità d'interazione nel
sociale.
Questo comporta per l'istruttore conoscere alcune chiavi
di lettura che permettano una più corretta interpretazione di alcuni
comportamenti del propri allievi.
Per il bambino ( pulcini, esordienti ), l'incontro con altre persone che non siano i suoi
genitori, diviene tappa importante per la sua crescita. Ciò gli permette di
conoscere altri modelli affettivi, sociali e culturali in grado di fargli
acquisire differenti elementi di conoscenza, fondamentali per la sua crescita
specie nel momento in cui è chiamato ad elaborare e riflettere scelte sempre
più responsabili e significative per costruire un suo progetto di vita.
È perciò indispensabile il riconoscimento
dell'importanza delle dinamiche che si sviluppano nei gruppi e lo sviluppo
cognitivo del bambino. L'istruttore che adotta una chiave di lettura circolare,
in cui si evidenzia come i componenti di un particolare gruppo finiscono per
influenzarsi reciprocamente, riesce a cogliere come sia determinante il lavoro
su questa dimensione anche in relazione agli obiettivi didattici che
s'intendono raggiungere.
Quindi il compito dello psicologo è quello di:
•supportare l'istruttore;
•creare un contesto collaborativo tra i componenti del
gruppo;
•stimolare la coesione;
•sviluppare l'autonomia/differenziazione tra i
componenti del gruppo.
Sostenere l'importanza della valenza educativa del gioco
e del divertimento
Il termine gioco implica curiosità, sperimentazione,
disponibilità al rischio, giochi della scoperta. Per gioco non intendiamo solo
quello che ci diverte e ci permette di passare il tempo ma tutte quelle
esperienze di gruppo che si svolgono con le più svariate modalità quali: esercizi strutturati,
esperimenti di autoconfronto, giochi di simulazione, giochi dei ruoli e così
via. Una definizione di gioco è perciò quella che un gioco è un intervento di
un docente o di un allievo nella situazione del gruppo, che struttura per un
tempo determinato l'attività dei partecipanti mediante specifiche regole del
gioco ( allenamento ), al fine di raggiungere una meta precisa di apprendimento (Vopel,
1991).
Col gioco si riescono ad isolare alcuni elementi che si
verificano nella complessità di reali situazioni, per porli nel contesto
"artificiale" di un ben definito schema di comportamento, limitato da
chiare regole.
Con questa semplificazione, il gioco convoglia le
energie dei partecipanti verso un punto focale e rende possibile la
sperimentazione e la comprensione dei concetti ben più complessi e di
connessioni complicate. Così il processo di apprendimento diventa più personale
e produttivo per la possibilità di mettere in gioco le proprie potenzialità
intellettuali e creative e le attitudini comunicative e sociali. In questo modo
s'impiega l'energia psicologica del gioco per il processo d'apprendimento
programmato. I giochi permettono agli allievi di migliorare la loro
socializzazione e lo sviluppo della loro personalità, e danno loro la
possibilità di esaminare, sviluppare ulteriormente ed integrare la capacità di
comprensione ed abilità che già posseggono. Una delle ragioni del successo del
gioco è la sua capacità di motivare i partecipanti e di incuriosirsi riducendo
il grande ostacolo che si annida in ogni gruppo: la noia e l'apatia. Il
vantaggio dei giochi sta nella loro adattabilità a molte situazioni di gruppo e
a molti ambiti di temi e problemi. In pratica quasi tutte le possibili
situazioni possono essere allenate e sperimentate oppure sviluppate e raffinate
mediante il gioco (Susanna Cielo; Luciano Viana; Urbino, Settembre 1994).
In pratica lo psicologo deve sostenere l'istruttore in
quelle tappe che è opportuno seguire per attivare un gioco di gruppo:
•analisi della situazione di gruppo;
•introduzione del gioco;
•sperimentazione ;
•valutazione approfondimento.
Tutto questo permette di:
•costruire e/o ricostruire la motivazione;
•stimolare le capacità cognitive.
•acquisire una maggiore conoscenza di sé e degli altri;
•giungere ad una migliore comprensione delle
informazioni provenienti dalle dinamiche di gruppo;
•acquisire una maggiore sensibilità ai sentimenti del
giovane atleta;
•stabilire il proprio comportamento non su una idea
preconcetta, ma in funzione della realtà osservata;
•acquisire la capacità di attivare le risorse
individuali di ogni membro del gruppo.
Sostenere l'importanza di dialogare con le famiglie e di
fornire loro informazioni complete
Una comunità educante capace di dialogare, rappresenta
un punto di riferimento indispensabile in grado di facilitare il giovane nel
suo processo di crescita, al contrario, un conflitto tra sistemi (scuola calcio, settore giovanile-famiglia,
istruttore-famiglia, istruttore-allievo etc.) può generare soltanto confusione
e difficoltà.
Per ottenere quanto detto bisogna facilitare il rapporto
tra chi trasmette informazioni e chi le riceve, come ad esempio tra
genitori-istruttore, istruttore-allievi, e diventa perciò indispensabile essere consapevoli che la
comunicazione influenza il comportamento di chi comunica, favorendo così
l'organizzazione delle azioni successive, delle quali i ragazzi dovrebbero
beneficiare.
Una rete informativa-formativa, tesa a facilitare e
promuovere condizioni per il benessere della persona fa si che ogni sistema che
ne faccia parte, pur rimanendo autonomo nel proprio specifico campo di
intervento, deve necessariamente condividere gli obiettivi e le finalità delle
altre comunità. Lo scopo è quello di sostenere la funzione educativa della
famiglia e lo sviluppo psicofisico degli allievi, sapendo mettersi in un atteggiamento di ascolto e
collaborazione.
Esse implicano una capacità di comunicazione e di
osservazione empatica, di sapersi mettere in relazione. Diviene perciò
importante un supporto permanente per gli istruttori, dirigenti, che sono
chiamati ad agire con gli allievi e le famiglie, in cui la figura dello psicologo può essere
vista come una risorsa da mettere in gioco.
Lo psicologo quindi può aiutare a mettere in risalto la
funzionalità e la produttività del sapere osservare le regole che si presentano
in una comunicazione tra due e più individui, e la qualità del rapporto che si
instaura tra le persone in un contesto di apprendimento.
Una corretta informazione è quindi alla base di una
sempre maggiore efficacia dell'azione proposta. Far conoscere alle famiglie
cosa realmente offre una scuola calcio, settore giovanile, significa predisporre le migliori condizioni per avviare un
vero gioco di squadra tra gli adulti nell'interesse del minore e quindi in
prospettiva dell'intera comunità.
Promuovere le occasioni di incontro e confronto tra scuola calcio, settore giovanile o società
sportiva e famiglia richiede una sensibilità e una modalità su cui lo psicologo
può intervenire come facilitatore della comunicazione affiancandosi nel compito
ai dirigenti e/o agli istruttori.
Lo psicologo deve quindi stimolare prima di tutto una
discussione sulla filosofia che accompagna tutti coloro che operano
nell'attività di base, per produrre un linguaggio e una teoria condivisa da
trasmettere a chi opera per attuare una corretta applicazione dei programmi.
Ancora oggi infatti è attuale la domanda su cos'è una scuola calcio, un settore giovanile o una
società sportiva, se esse rappresentano un servizio per il tempo libero da
offrire alle famiglie ed ai giovani, un laboratorio per scoprire nuovi talenti
o una agenzia educativa in rete con la famiglia e la scuola.
Definire quale bisogno deve appagare tale servizio
definisce il contesto in cui un dirigente, un tecnico viene chiamato ad operare
con il giovane atleta ed il genitore per stipulare un contratto, inteso come
conoscenza chiara delle finalità e degli obiettivi che dovrà perseguire, facilitando
il suo lavoro.
A questo punto devono emergere con chiarezza le finalità
educative che rappresentano la parte predominante della proposta del settore giovanile, scuola calcio o di una
società sportiva.
Pertanto l'attività sportiva diviene uno strumento
attraverso il quale viene offerta ai giovani allievi un'occasione di apprendimento in un contesto di divertimento
in cui sia assente l'esaltazione della dimensione agonistica in virtù di una
presunta, quanto errata, ricerca precoce del campione.
In chiusura si propone uno schema riassuntivo dello
stimolo che uno psicologo deve fornire all'interno dei compiti di una scuola calcio o settore giovanile attraverso
le seguenti domande:
•Cosa deve avere un dirigente ed un allenatore nella sua
borsa di lavoro?
- Una teoria di riferimento, studio + esperienza, per
programmare, attuare, ridefinire il proprio lavoro
•Cosa deve sapere un allenatore? (analisi del contesto)
- Conoscere le regole della comunicazione che si
instaurano nella relazione tra individui;
- Conoscere le fasi del ciclo vitale dell'individuo sia
sul versante relazionale che cognitivo.
•Cosa deve fare un allenatore? (sapere ipotizzare
soluzioni)
- Saper "accogliere" i propri allievi/atleti e i loro
genitori;
- Saper trasmettere le proprie informazioni agli allievi passando dalla
complessità della teoria alla semplicità del gioco;
- Saper usare un contesto d'apprendimento in cui gli allievi/atleti possano
imparare, acquisire e sviluppare le proprie risorse individuali, in un clima
accettante e non giudicante.
Per concludere abbiamo individuato due tipologie di
psicologi a cui fare riferimento: Senior e Junior, ed un programma per
condividere strategie e metodi comuni d'intervento.
Per i Senior (psicologi con più di 10 anni di laurea) è
previsto un corso di adeguamento mirato, per gli Junior (psicologi con meno di
10 anni di laurea) invece un vero e proprio corso di formazione.
L'organizzazione prevede inoltre giornate di
coordinamento e di discussione e monitoraggio tra psicologi dei comitati regionali
e provinciali in cui vengono fornitr linee-guida per costituire a livello
regionale corsi di formazione per psicologi Senior e Junior come sopra
riportato.