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domenica 27 ottobre 2013


PSICOLIGIA

 

Lavorare  sempre avendo le idee chiare sul lavoro da effettuare (programmare in anticipo)non fare mai le cose in modo approssimativo  ma sempre finalizzate ad uno scopo,i giocatori si danno conto della tua insicurezza.Parlare sempre a voce alta e chiara spiegando  quello che vuoi.Il lavoro che vai a fare potrai  spiegarlo  a grandi linee e vedere se capiscono  rápidamente o se devi essere tu a indicargli cosa fare quindi stiamo parlando di lavoro  COGNITIVO acción y resultado de conocer a través de las facultades intelectuales. o INDUTTIVO método inductivo.Devi saper costruire il gruppo identificare il leader del grupo

I gruppo solitamente  e’ formato da  piccoli gruppi con un leader a capo  per ogni piccolo gruppo  (questi gruppi)  si chiamano sottogruppi (subgrupos)e tuo compito  eliminare i sottogruppi e formare un gruppo solo con un leader solo

Solitamente  nello spogliatoio e facile identificare il capo del gruppo  (leader) che dovrai  portarlo dalla tua parte a seguire tutto quello che fai ,automaticamente gli altri  si metteranno a tua disposizione seguendo il leader.Quando sara il Giorno della partita tu avrai gia dato le disposizioni dei vari compiti in campo delle varie sostituzioni che potresti fare ma

Senza essere preciso nei nomi  a fine partita e consigliabile non parlare di come e stata  rimandare il tutto al primo Giorno di allenamento  dove dirai quello che non ti e piaciuto ma anche quello che ti e piaciuto non essere mai solo negativo fai analizzare anche a loro la partita fatta, dove esprimeranno la loro opinione

 

 

La psicologia nella scuola calcio


CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE
Il pensiero dei bambini di questa età ha bisogno di molti riferimenti concreti. Dunque capiranno meglio una dimostrazione pratica che una spiegazione. Fino a 6 anni dal punto di vista cognitivo e sociale il bambino/a è egocentrico, cioè è centrato si di se, considera la realtà esclusivamente dal proprio punto di vista e non tiene conto di quelle altrui, perché ancora non lo sa fare ( non per cattiva volontà ). Sente molto forte il desiderio di appagare i propri bisogni. L'egocentrismo si riflette anche durante il gioco, quando il bambino invece di passare la palla ad un compagno la tiene per se, oppure quando durante la partita di calcio, tutti i bambini rincorrono sfrenatamente il pallone. A partire dai 6/7 anni inizia ad abbandonare il punto di vista egocentrico, anche se impiegherà ancora molti anni prima di raggiungere una socializzazione più matura. A quest'età i bambini partecipano ai giochi in modo emotivo, cosa che li porta ad agire in maniera impulsiva e non razionale. Manca in questo periodo la capacità di concentrarsi sulle operazioni astratte e su quelle ipotetiche. Queste conquiste logiche arriveranno dai 12 anni. I bambini/e hanno ancora bisogno di oggetti e di eventi concreti per supportare i loro ragionamenti. Il fanciullo sa stare attento e si concentra se il compito lo interessa e lo gratifica. A questa età il bambino non riesce a comprendere le cause dei risultati delle azioni, per cui non sa capire ad esempio, perché l'avversario nel gioco, ha vinto (gli adulti invece lo spiegano con varie cause : bravura, fortuna, facilità del compito, motivazione, ecc

  

Settore giovanile: pulcini, esordienti, giovanissimi, allievi.
Realizzare una rete informativa-formativa significa, sia per i genitori che per i figli, facilitare l'individuazione di percorsi idonei alla crescita psicofisica dell'individuo. Chi è chiamato in causa (insegnanti, istruttori, pediatri, psicologi) ha perciò il delicato compito di intervenire in modo consapevole assumendosi la completa responsabilità del proprio ruolo. Diventa perciò importante per chi lavora a vario titolo con i bambini, con i giovani e con le loro famiglie, migliorare continuamente la propria formazione tecnica, didattica, psicologica e relazionale.
Pertanto ogni azione deve avere l'obiettivo di tendere a facilitare e promuovere condizioni di benessere del giovane sostenendo al tempo stesso le funzioni educative della famiglia.
Uno psicologo che viene chiamato per uno o più incontri nella scuola calcio, settore giovanile o nella società sportiva o per una consulenza più strutturata, deve porsi come primo obiettivo quello di comprendere correttamente il contesto in cui si trova ad operare, così da favorire il pieno sviluppo delle risorse umane messe a disposizione dalla società al giovane atleta. Ciò può avvenire se il professionista tiene conto di alcuni aspetti fondamentali nella relazione che va a realizzare nella scuola calcio, settore giovanile o nella società sportiva.
La prima domanda da porsi è perciò: "Che tipo di formazione deve avere lo psicologo?"
Una risposta individuata è che egli sia competente nel facilitare le relazioni umane tra chi lavora nella società sportiva a vario titolo (ad esempio, dirigente, accompagnatore, istruttore, medico) e chi ne usufruisce (genitori, bambini, ragazzi) e nel favorire il collegamento con le strutture esterne al territorio (A.S.L., Parrocchie, Associazioni culturali), in particolare le scuole. Gli studi di Bateson ci hanno fornito un approccio alla psicologia sociale secondo cui questa è "lo studio delle reazioni degli individui alle reazioni di altri individui" aggiungendo che "occorre considerare non soltanto le reazioni di A al comportamento di B ma anche come queste reazioni influenzano il comportamento successivo di B e l'effetto che tale comportamento ha su A" (Bateson, G. "Verso un'ecologia della mente", Adelphi Milano, 1986).
A partire dagli studi di Bateson si è venuto sempre più delineando un approccio definito ecosistemico, per l'intervento sui problemi che coinvolgono gruppi sociali diversi tra loro, quali la famiglia, la scuola e altri ancora. L'approccio ecosistemico, sviluppato da oltre trenta anni nella pratica della terapia familiare e relazionale, si è rivelato adatto anche all'applicazione d'interventi di consulenza e supporto non volti solo all'intervento psicoterapeutico. Si parla oggi d'interventi sistemici in contesti non terapeutici. Il concetto chiave che caratterizza un intervento sistemico nell'organizzazione umana e che, oltre ai contenuti dell'intervento stesso, esiste un livello riguardante l'osservazione delle qualità delle relazioni che è di fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi di cambiamento. Riferendoci al nostro progetto ciò significa che ciascuno adulto, chiamato a svolgere un ruolo di educatore, deve sapere agire in modo corretto, tenendo sempre conto che ciò che osserva e ciò su cui interviene è in qualche misura il "prodotto" delle relazioni tra insegnante-alunno, insegnante-genitore, istruttore-allievi, istruttore-genitore, tra istruttore-istruttore ed in generale tra tutti i sistemi coinvolti. Risulta importante quindi avere come riferimento teorico quello della "pragmatica della comunicazione umana" (Watzlavick, P. Astrolabio Roma,1971) che consente all'operatore di considerare l'importanza di una lettura delle dinamiche delle relazionali, rispetto all'esperienza che sta affrontando.
Dal punto di vista del linguaggio, per lo psicologo, non si tratta quindi di impartire nozioni teoriche, quanto piuttosto di trasferire concetti di base in modo semplice e fruibile, rendendosi disponibile a chiarire gli eventuali dubbi che potrebbero sorgere durante il lavoro.
Lo psicologo deve perciò:
•sostenere i dirigenti nella gestione e organizzazione delle attività della società;
•aiutare a migliorare il rapporto e la collaborazione tra tecnici dello stesso staff, tra tecnico ed allievi/atleti, tra tecnico e genitori;
•migliorare la comunicazione e il passaggio dell'informazione per una corretta accoglienza dei bambini e dei genitori e una funzionale collaborazione con lo staff tecnico;
•aiutare i tecnici a muoversi e focalizzare le situazioni su cui lavorare;
•aumentare le capacità d'intervento sulle interazioni specifiche sapendo leggerle attraverso l'analisi del contesto e della circolarità della comunicazione per cogliere i significati dell'esperienza quotidiana.
Da un punto di vista dei contenuti possiamo riassumere il suo compito nei seguenti tre punti:
•Informare sull'età evolutiva e sulle dinamiche relazionali di gruppo;
•Sostenere l'importanza della valenza educativa e del divertimento;
•Sostenere l'importanza di dialogare con le famiglie e di fornire loro informazioni complete.

Informare sull'età evolutiva e sulle dinamiche relazionali di gruppo
Far conoscere nelle sue linee generali i percorsi della crescita del bambino, che passa da una dipendenza totale dalle modalità interattive della famiglia ad una progressiva necessità d'interazione nel sociale.
Questo comporta per l'istruttore conoscere alcune chiavi di lettura che permettano una più corretta interpretazione di alcuni comportamenti del propri allievi.
Per il bambino ( pulcini, esordienti ), l'incontro con altre persone che non siano i suoi genitori, diviene tappa importante per la sua crescita. Ciò gli permette di conoscere altri modelli affettivi, sociali e culturali in grado di fargli acquisire differenti elementi di conoscenza, fondamentali per la sua crescita specie nel momento in cui è chiamato ad elaborare e riflettere scelte sempre più responsabili e significative per costruire un suo progetto di vita.
È perciò indispensabile il riconoscimento dell'importanza delle dinamiche che si sviluppano nei gruppi e lo sviluppo cognitivo del bambino. L'istruttore che adotta una chiave di lettura circolare, in cui si evidenzia come i componenti di un particolare gruppo finiscono per influenzarsi reciprocamente, riesce a cogliere come sia determinante il lavoro su questa dimensione anche in relazione agli obiettivi didattici che s'intendono raggiungere.
Quindi il compito dello psicologo è quello di:
•supportare l'istruttore;
•creare un contesto collaborativo tra i componenti del gruppo;
•stimolare la coesione;
•sviluppare l'autonomia/differenziazione tra i componenti del gruppo.

Sostenere l'importanza della valenza educativa del gioco e del divertimento
Il termine gioco implica curiosità, sperimentazione, disponibilità al rischio, giochi della scoperta. Per gioco non intendiamo solo quello che ci diverte e ci permette di passare il tempo ma tutte quelle esperienze di gruppo che si svolgono con le più svariate modalità quali: esercizi strutturati, esperimenti di autoconfronto, giochi di simulazione, giochi dei ruoli e così via. Una definizione di gioco è perciò quella che un gioco è un intervento di un docente o di un allievo nella situazione del gruppo, che struttura per un tempo determinato l'attività dei partecipanti mediante specifiche regole del gioco ( allenamento ), al fine di raggiungere una meta precisa di apprendimento (Vopel, 1991).
Col gioco si riescono ad isolare alcuni elementi che si verificano nella complessità di reali situazioni, per porli nel contesto "artificiale" di un ben definito schema di comportamento, limitato da chiare regole.
Con questa semplificazione, il gioco convoglia le energie dei partecipanti verso un punto focale e rende possibile la sperimentazione e la comprensione dei concetti ben più complessi e di connessioni complicate. Così il processo di apprendimento diventa più personale e produttivo per la possibilità di mettere in gioco le proprie potenzialità intellettuali e creative e le attitudini comunicative e sociali. In questo modo s'impiega l'energia psicologica del gioco per il processo d'apprendimento programmato. I giochi permettono agli allievi di migliorare la loro socializzazione e lo sviluppo della loro personalità, e danno loro la possibilità di esaminare, sviluppare ulteriormente ed integrare la capacità di comprensione ed abilità che già posseggono. Una delle ragioni del successo del gioco è la sua capacità di motivare i partecipanti e di incuriosirsi riducendo il grande ostacolo che si annida in ogni gruppo: la noia e l'apatia. Il vantaggio dei giochi sta nella loro adattabilità a molte situazioni di gruppo e a molti ambiti di temi e problemi. In pratica quasi tutte le possibili situazioni possono essere allenate e sperimentate oppure sviluppate e raffinate mediante il gioco (Susanna Cielo; Luciano Viana; Urbino, Settembre 1994).
In pratica lo psicologo deve sostenere l'istruttore in quelle tappe che è opportuno seguire per attivare un gioco di gruppo:
•analisi della situazione di gruppo;
•introduzione del gioco;
•sperimentazione ;
•valutazione approfondimento.
Tutto questo permette di:
•costruire e/o ricostruire la motivazione;
•stimolare le capacità cognitive.
•acquisire una maggiore conoscenza di sé e degli altri;
•giungere ad una migliore comprensione delle informazioni provenienti dalle dinamiche di gruppo;
•acquisire una maggiore sensibilità ai sentimenti del giovane atleta;
•stabilire il proprio comportamento non su una idea preconcetta, ma in funzione della realtà osservata;
•acquisire la capacità di attivare le risorse individuali di ogni membro del gruppo.

Sostenere l'importanza di dialogare con le famiglie e di fornire loro informazioni complete
Una comunità educante capace di dialogare, rappresenta un punto di riferimento indispensabile in grado di facilitare il giovane nel suo processo di crescita, al contrario, un conflitto tra sistemi (scuola calcio, settore giovanile-famiglia, istruttore-famiglia, istruttore-allievo etc.) può generare soltanto confusione e difficoltà.
Per ottenere quanto detto bisogna facilitare il rapporto tra chi trasmette informazioni e chi le riceve, come ad esempio tra genitori-istruttore, istruttore-allievi, e diventa perciò indispensabile essere consapevoli che la comunicazione influenza il comportamento di chi comunica, favorendo così l'organizzazione delle azioni successive, delle quali i ragazzi dovrebbero beneficiare.
Una rete informativa-formativa, tesa a facilitare e promuovere condizioni per il benessere della persona fa si che ogni sistema che ne faccia parte, pur rimanendo autonomo nel proprio specifico campo di intervento, deve necessariamente condividere gli obiettivi e le finalità delle altre comunità. Lo scopo è quello di sostenere la funzione educativa della famiglia e lo sviluppo psicofisico degli allievi, sapendo mettersi in un atteggiamento di ascolto e collaborazione.
Esse implicano una capacità di comunicazione e di osservazione empatica, di sapersi mettere in relazione. Diviene perciò importante un supporto permanente per gli istruttori, dirigenti, che sono chiamati ad agire con gli allievi e le famiglie, in cui la figura dello psicologo può essere vista come una risorsa da mettere in gioco.
Lo psicologo quindi può aiutare a mettere in risalto la funzionalità e la produttività del sapere osservare le regole che si presentano in una comunicazione tra due e più individui, e la qualità del rapporto che si instaura tra le persone in un contesto di apprendimento.
Una corretta informazione è quindi alla base di una sempre maggiore efficacia dell'azione proposta. Far conoscere alle famiglie cosa realmente offre una scuola calcio, settore giovanile, significa predisporre le migliori condizioni per avviare un vero gioco di squadra tra gli adulti nell'interesse del minore e quindi in prospettiva dell'intera comunità.
Promuovere le occasioni di incontro e confronto tra scuola calcio, settore giovanile o società sportiva e famiglia richiede una sensibilità e una modalità su cui lo psicologo può intervenire come facilitatore della comunicazione affiancandosi nel compito ai dirigenti e/o agli istruttori.
Lo psicologo deve quindi stimolare prima di tutto una discussione sulla filosofia che accompagna tutti coloro che operano nell'attività di base, per produrre un linguaggio e una teoria condivisa da trasmettere a chi opera per attuare una corretta applicazione dei programmi.
Ancora oggi infatti è attuale la domanda su cos'è una scuola calcio, un settore giovanile o una società sportiva, se esse rappresentano un servizio per il tempo libero da offrire alle famiglie ed ai giovani, un laboratorio per scoprire nuovi talenti o una agenzia educativa in rete con la famiglia e la scuola.
Definire quale bisogno deve appagare tale servizio definisce il contesto in cui un dirigente, un tecnico viene chiamato ad operare con il giovane atleta ed il genitore per stipulare un contratto, inteso come conoscenza chiara delle finalità e degli obiettivi che dovrà perseguire, facilitando il suo lavoro.
A questo punto devono emergere con chiarezza le finalità educative che rappresentano la parte predominante della proposta del settore giovanile, scuola calcio o di una società sportiva.
Pertanto l'attività sportiva diviene uno strumento attraverso il quale viene offerta ai giovani allievi un'occasione di apprendimento in un contesto di divertimento in cui sia assente l'esaltazione della dimensione agonistica in virtù di una presunta, quanto errata, ricerca precoce del campione.
In chiusura si propone uno schema riassuntivo dello stimolo che uno psicologo deve fornire all'interno dei compiti di una scuola calcio o settore giovanile attraverso le seguenti domande:
•Cosa deve avere un dirigente ed un allenatore nella sua borsa di lavoro?
- Una teoria di riferimento, studio + esperienza, per programmare, attuare, ridefinire il proprio lavoro
•Cosa deve sapere un allenatore? (analisi del contesto)
- Conoscere le regole della comunicazione che si instaurano nella relazione tra individui;
- Conoscere le fasi del ciclo vitale dell'individuo sia sul versante relazionale che cognitivo.

•Cosa deve fare un allenatore? (sapere ipotizzare soluzioni)
- Saper "accogliere" i propri allievi/atleti e i loro genitori;
- Saper trasmettere le proprie informazioni agli allievi passando dalla complessità della teoria alla semplicità del gioco;
- Saper usare un contesto d'apprendimento in cui gli allievi/atleti possano imparare, acquisire e sviluppare le proprie risorse individuali, in un clima accettante e non giudicante.
Per concludere abbiamo individuato due tipologie di psicologi a cui fare riferimento: Senior e Junior, ed un programma per condividere strategie e metodi comuni d'intervento.
Per i Senior (psicologi con più di 10 anni di laurea) è previsto un corso di adeguamento mirato, per gli Junior (psicologi con meno di 10 anni di laurea) invece un vero e proprio corso di formazione.
L'organizzazione prevede inoltre giornate di coordinamento e di discussione e monitoraggio tra psicologi dei comitati regionali e provinciali in cui vengono fornitr linee-guida per costituire a livello regionale corsi di formazione per psicologi Senior e Junior come sopra riportato.

 

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